Questo studio si prende l'onere di valutare attentamente, alla luce della scritture e del contesto storico e sociale in cui queste sono state scritte, la prassi geovista della disassociazione/dissociazione.
Per svolgere adeguatamente la nostra trattazione in merito alla scritturalità della prassi geovista della dissociazione e della disassociazione – nonché la loro liceità secondo i principi cristiani - cominciamo partendo da quali scritture i TdG ricavano l’insegnamento della disassociazione con l’associazione della totale emarginazione dell’espulso come trattamento per la purezza della congregazione e il ristabilimento del trasgressore.
Queste le parole di Cristo in Matteo 18:15-18:
- Citazione :
- 15 «Se tuo fratello ha peccato contro di te, va' e convincilo fra te e lui solo. Se ti ascolta, avrai guadagnato tuo fratello; 16 ma, se non ti ascolta, prendi con te ancora una o due persone, affinché ogni parola sia confermata per bocca di due o tre testimoni. 17 Se rifiuta d'ascoltarli, dillo alla chiesa; e, se rifiuta d'ascoltare anche la chiesa, sia per te come il pagano e il pubblicano.
Chiunque sia stato TdG sa che questi passi matteani vengono usati dalla congregazione quando esistono delle discordie fra fratelli che però non sono assimiliabili a peccati gravi - per quei tipi di peccati esiste un’altra scrittura nel primo libro dei Corinti al capitolo 5 dove si parla dell’espulsione di un peccatore impenitente di cui era risaputo che commetteva immoralità, passo che tratteremo in seguito.
Qui la WTS è gioco-forza mostrare che nel caso in cui una persona non ascolta la Congregazione (Chiesa) allora questa deve essere trattata come un pagano o un pubblicano.
Il ragionamento della WTS è il medesimo: “Qui Gesù dice che se una persona ribelle nella congregazione non vuole ravvedersi di fronte alla congregazione dopo che la questione è stata risolta a mezzo di testimoni allora deve essere trattata come un pagano.
Come venivano visti i pagani ai tempi di Gesù dalla società ebraica? Costoro erano considerati degli am’ ha’ arets (vale a dire “gente di strada”) e quindi vengono evitati. Gli ebrei infatti non si sedevano né stavano insieme a queste persone che erano idolatri e si inchinavano alla volontà dell’unico vero Dio, Yavè.
Stando quindi alla volontà di Gesù, anche noi cristiani dobbiamo evitare la compagnia di questi ribelli che vengono espulsi dalla congregazione, poiché sono come dei pagani”.
Fin qui il ragionamento geovista.
Dov’è l’inghippo in questo ragionamento?
Semplicemente nel fatto che
Gesù non seguiva le indicazioni dei maestri farisei cui si appoggiava la tradizione ebraica ma bensì stava insieme ai pagani e ai pubblicani, mangiando e stando a tavola con loro. Nessuno dimenticherà infatti che una delle accuse principali che venivano mosse vero il Cristo era proprio che stava insieme ai peccatori il che dimostrava che non seguiva le consuetudini del suo popolo.
A questo punto i TdG obiettano che però Cristo stava con i peccatori perché costoro non avevano ancora avuto l’accurata conoscenza della verità, cosa diversa rispetto a chi l’ha avuta come cristiano, essendosi battezzato, e poi ha deliberatamente compiuto il peccato.
Questa osservazione è perniciosa, perché sebbene la responsabilità del peccatore cristiano è superiore a quella di uno che il cristianesimo non lo conosce, l’uomo non è affatto perfetto ed è incline a compiere il male. Recuperarlo con l’esilio e l’emarginazione non è un buon metodo perché invece di colpirlo sui suoi bisogni spirituale lo si colpisce sugli affetti, operando in lui un vero e proprio ricatto morale. Diverso invece se gli si negano i privilegi spirituali, o, nella fattispecie della Chiesa, i sacramenti liturgici della comunione con Cristo. Su questo punto comunque ci arriveremo con calma più avanti.
Intanto mi preme osservare che
Gesù non seguiva certamente le usanze ebraiche rabbiniche senza nessuna esplicitazione nel VT. La discriminazione in am’ ha’ arets dei pagani era qualcosa che non proveniva certo dalla Legge Mosaica ma dall’alterazione di tali precetti della Legge secondo la legalistica regola farisaica.
Si può anche osservare che
Cristo era stato mandato a predicare il suo messaggio di speranza proprio al popolo dalla dura cervige, gli Ebrei, che nonostante possedessero la Legge di Mosè emanata da Dio spesso non la seguivano commettendo peccato. Se perciò i principi cristiani prevedessero davvero l’allontanamento totale di chi non ascoltava Dio dopo aver avuto conoscenza,
quale occasione migliore ci sarebbe stata per lo stesso Gesù di predicare ai Gentili evitando i suoi stessi compatriotti che avevano rigettato la Legge di Dio (la Legge di Mosè) pur conoscendola? Invece per prima cosa Cristo parlò proprio con gli Ebrei e solo in seguito alla sua morte il cristianesimo ha aperto le sue frontiere alle popolazioni gentili. Quindi i contatti con i “peccatori consapevoli” (così d’ora in avanti chiamerò coloro che peccano dopo aver avuto conoscenza) Gesù li aveva senza problemi.
Veniamo adesso a una scrittura chiave che viene usata dai TdG per disassociare il “peccatore consapevole” impenitente a motivo di violazione dei principi morali cristiani.
1 Corinti 5:9-13
- Citazione :
- 9 Vi ho scritto nella mia lettera di non mischiarvi con i fornicatori; 10 non del tutto però con i fornicatori di questo mondo, o con gli avari e i ladri, o con gl'idolatri; perché altrimenti dovreste uscire dal mondo; 11 ma quel che vi ho scritto è di non mischiarvi con chi, chiamandosi fratello, sia un fornicatore, un avaro, un idolatra, un oltraggiatore, un ubriacone, un ladro; con quelli non dovete neppure mangiare.12 Poiché, devo forse giudicare quelli di fuori? Non giudicate voi quelli di dentro? 13 Quelli di fuori li giudicherà Dio. Togliete il malvagio di mezzo a voi stessi.
Questa scrittura è fondamentale sulla disassociazione, giacchè viene usata dalla WTS come testimonianza della salvaguardia della purezza della congregazione e come mezzo per aiutare il peccatore a ristabilirsi. In effetti la parte che ho scritto in maiuscolo sembra essere inequivocabile e non dare spazio ad altre possibili interpretazioni. Non si può nemmeno mangiare con i peccatori. Più chiaro di così che vanno evitati!
In realtà, siccome era consuetudine per i cristiani del primo secolo partecipare all’eucarestia (e questo già si nota anche dai primi documenti cristiani come la Didachè di fine primo secolo) in modo da dimostrare di essere un tutt’uno col corpo e col sangue di Cristo (la Chiesa infatti è il “corpo mistico di Cristo”), questo passo paolino sta ad indicare l’esclusione dal sacramento della comunione;
in sostanza la persona peccatrice non avrebbe più dovuto accostarsi alla santissima eucarestia in quanto non ne era più degno. Questo viene inteso come un’esclusione da tutti i sacramenti ecclesiali finchè la persona non è ristabilita (per la Chiesa il ristabilimento avviene attraverso il sacramento della confessione con un sacerdote).
Questa è la scomunica standard cattolica; infatti chi viene risaputo dal prete che è peccatore e non si è ancora confessato non ha il diritto di prendere la comunione (non a caso l’invito fatto è quello di confessarsi per mettersi a posto con Dio). Conseguentemente è stato "tolto" o "rimosso" dalla Chiesa.
Il peccatore della chiesa dei Corinti invece
oltre che a peccare era anche un sobillatore e si gloriava delle sue azioni, tant’è che tutta la comunità locale dei Corinti era talmente pervasa dalla sua corruzione che addirittura si vantava di avere un peccatore di questo tipo dentro le sue fila. Se infatti leggiamo i primi versi del capitolo 5 dei Corinti, troviamo scritto:
- Citazione :
- 1 Si ode addirittura affermare che vi è tra di voi fornicazione, una tale fornicazione che non si trova neppure fra i pagani; al punto che uno si tiene la moglie di suo padre! 2 E voi siete gonfi, e non avete invece fatto cordoglio, perché colui che ha commesso quell'azione fosse tolto di mezzo a voi!
Quel “si ode” detto da Paolo sta ad indicare che la notizia del peccato di questo cristiano era diffusa in lungo e in largo per tutto il territorio, il che significa che
il peccato non era nascosto ma dichiarato alla luce del sole. Inoltre Paolo prosegue dicendo “voi siete gonfi” ad indicare che i Corinti erano fieri di avere una persona così dentro le loro fila,
cosa che dimostra che il livello di corruzione era pressoché totale e che quindi il peccato ben visibile e dichiarato dell’impenitente aveva ormai resa marcia tutta la comunità locale.
Ed ecco che a mali estremi estremi rimedi. Essendo davvero un pericolo per la salvaguardia spirituale degli altri, Paolo fece togliere di mezzo questo peccatore dalla comunità attraverso una scomunica pubblica, di modo che gli altri potessero sapere che non era più un cristiano.
Ancora oggi la Chiesa Cattolica, in momenti di severa pericolosità per il gregge scomunica platealmente le persone (solitamente dei prelati, ma a volte succede anche con i laici) prendendo estremi rimedi secondo l’estrema necessità. Se il peccato è nascosto e confessato al proprio prete confessore allora non è coinvolta la comunità e dunque non viene preso nessun provvedimento. Se invece il peccato è pubblico e il peccatore non solo non è pentito ma agisce in modo da sobillare l'intera chiesa locale cercando di trascinare gli altri a seguire i suoi comportamenti moralmente disordinati, allora la scomunica pubblica diventa necessaria. Chi subisce questa scomunica pubblica però non subisce l’emarginazione e l’isolamento perché non è questo ciò che il vangelo di Cristo ha insegnato.
La Chiesa quindi sistema la questione dei Corinti nell’ambito della particolare necessità contingente in cui la cosa si è venuta a verificare e decide che tipo di durezza adottare a seconda delle circostanze venutesi a creare. Va da sé che la scomunica comporta l’esclusione del peccatore dalla vita sacramentale e non dagli affetti dei propri amici o parenti.
C'è anche da aggiungere che il peccatore che non è stato scomunicato pubblicamente perchè il suo peccato è nascosto non per questo non è scomunicato. Esiste la cosiddetta scomunica "latae sentantiae" in cui incappa il peccatore fino al momento in cui non ottiene il perdono dal sacerdote dopo un'adeguata confessione. Il peccatore impenitente è quindi sempre fuori dalla Chiesa di Cristo.
Fin qui l’esame sulla disassociazione per violazione dei principi morali cristiani. Adesso passiamo al peccato di apostasia, che per i TdG coinvolge sia i disassociati per apostasia che i dissociati volontari che se ne sono liberamente andati per dissenso dottrinale.
Passeremo quindi in esame la scrittura di 2 Giovanni dove si parla dell'anticristo fino ad arrivare a quelle relative a Imeneo, Fileto ed Alessandro, concernenti le divisioni nella chiesa per poi arrivare a mettere in risalto un particolare del capitolo 11 di 1 Corinti sempre sulle divisioni.